Diritto Civile

Il criterio di imputazione della responsabilità per danni da cose in custodia di cui all’art.2051cc ha natura oggettiva posto che risulta sufficiente,ai fini della prova dell’attore,la sussitenza del nesso tra la res e il danno(Trib.Pisa 933/2022)

Il criterio di imputazione della responsabilità per danni da cose in custodia [..]

  • Data: 01 Settembre

 

Con la sentenza in commento il Tribunale di Pisa si è pronunciato,   in una causa relativa ad una richiesta di risarcimento a seguito di una caduta avvenuta durante l’attraversamento sulle strisce stradali da parte di un pedone in forza della quale il Comune convenuto è stato condannato a rifondere i danni biologici subiti.

Dopo aver esperito richiesta stragiudiziale, l’avv. Carlo Cavalletti conveniva l’ente proprietario dinanzi alla competente autorità giudiziaria invocando la disciplina prevista ex art. 2051 c.c.- rubricato “danno da cose in custodia” – riferendo peraltro che il tratto di strada percorso, seppur poco distante dall’abitazione di parte attrice, non era di sua conoscenza in quanto veniva effettuato solo con l’autovettura.

Il Tribunale, dopo aver svolto l’istruttoria e aver incaricato un medico per la valutazione dei danni, accoglieva le ragioni del pedone difeso dall’avv. Carlo Cavalletti esponendo in motivazioni argomentazioni di pregio che meritano di essere esposte.

Per quel che concerne l’inquadramento della resposnabilità il Giudice riferisce come la fattispecie in esame è sussumibile nell’alveo del paradigma normativo delineato dall’art. 2051 c.c., rubricato “danno cagionato da cose in custodia”, il quale, com’è noto, dopo avere previsto il principio per cui ciascuno è responsabile del danno causato dalle cose che ha in custodia, ha stabilito che il custode possa essere esonerato da responsabilità solamente nel caso in cui dia prova del caso fortuito. Ebbene, secondo un orientamento della Suprema Corte ormai consolidato, il criterio di imputazione della responsabilità per danni cagionati da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva, posto che risulta sufficiente, ai fini della sua configurazione, la prova, resa da parte dell’attore, della sussistenza del nesso eziologico tra la res in custodia ed il danno (Cass. Civ. Sez. III, 28.02.2019, n. 5808; Cass. Cav. Sez. III, 01.02.2018, n. 2482; Cass. Civ. Sez. III, 18.09.2015, n. 18317).

Pertanto, l’attore deve fornire la prova sia del rapporto di custodia, del nesso eziologico tra la cosa in custodia e l’evento dannoso (Cass. Civ., Sez. III, 13.12.2016, n. 25483), mentre incombe sul custode, al contrario, l’onere di dimostrare, non soltanto l’assenza dell’elemento psicologico della colpa, ma ance la prova positiva della causa esterna, il caso fortuito, costituito dal fatto materiale, naturale o del terzo, anche dello stesso danneggiato, caratterizzato da imprevedibilità, eccezionalità ed inevitabilità, sia completamente estranea alla sfera di controllo de custode, rimanendo a carico di quest’ultimo anche il danno derivante da causa ignota, ed idoneo ad eliminare il nesso eziologico tra la res e l’evento dannoso (Cass. Civ., Sez. III, 01.02.2018, n. 2477; Cass. Civ., Sez. III, 18.09.2015, n. 18317; Cass. Civ. Sez. Unn. 11.01.2008, n. 576).

L’attrice, sia tramite produzione documentale agli atti (rilievi fotografici di parte), sia tramite l’esaurita prova istruttoria, sia tramite l’espletata CTU medica e CTP tecnica di parte, ha dimostrato la sussistenza del nesso eziologico tra le condizioni del manto stradale, costituita, come detto, da una buca, di piccole dimensioni, coperta da aghi di pino collocata proprio sulle strisce e la propria rovinosa caduta, mentre parte convenuta non ha dato prova del caso fortuito quale evento idoneo ad interrompere il suddetto nesso causale tra l’evento dannoso e la caduta di parte attrice né è riuscita a dimostrare la sussistenza del concorso di colpa di parte avversaria in ordine alla causazione dell’infortunio occorsole.

È da ritenere priva di pregio l’asserzione del convenuto secondo cui la buca si trovava nella stessa via in cui risiede l’attrice e, pertanto, non poteva essere da lei non conosciuta, anche perché non c’era un percorso obbligato per cui si possa affermare che l’attrice avrebbe acquisito confidenza con lo stato dei luoghi, venendo a conoscenza delle insidie del terreno. È, pertanto, da escludere che la condotta dell’attrice, per i già suindicati motivi, sia inquadrabile nel paradigma normativo delineato dall’art. 1227 c.c., né l’odierno convenuto ha dato prova del caso fortuito tale da elidere il rapporto di causalità intercorrente tra il danno dell’attrice e l’anomalia del bene oggetto di custodia, essendo stato, quest’ultimo, non adeguatamente manutenuto. Conformemente alla giurisprudenza di legittimità, a carico dei proprietari o concessionari delle strade e delle autostrade, si configura la responsabilità di cose in custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c..

L’articolo 14 del Codice della Strada prevede, inoltre, che gli enti proprietari, allo scopo di garantire sicurezza e fluidità della circolazione, sono tenuti a provvedere alla manutenzione, gestione, pulizia delle strade, delle loro pertinenze ed arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze, all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.

Il custode è tenuto, dunque, a dimostrare che il danno si è verificato in maniera non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso, deve, pertanto, provare di avere espletato ogni attività di controllo, manutenzione e vigilanza su di esso gravanti in forza di determinate disposizioni di legge, dell’art. 14 del Codice della Strada, e del principio di diritto del neminem laedere, e che il fatto dannoso si è realizzato da cause estrinseche poste in essere da terzi, non immediatamente riconoscibili e determinabili neppure con la diligente attività di manutenzione ovvero che abbia realizzato la potenzialità offensiva prima che, con la diligenza richiesta dallo specifico caso concreto, potesse essere possibile l’intervento riparatore del custode (Cass. Civ., Sez. VI – 3, 19.03.2018, n. 6703), ovvero quando, in ipotesi di tempestiva e non immediatamente prevedibile alterazione dello stato della strada e delle sue pertinenze, il fatto pregiudizievole si sia realizzato prima che l’ente proprietario abbia potuto eliminare, malgrado l’attività di controllo eseguita diligentemente, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi (Cass. Civ. Sez. III, 10.06.2020, n. 11096; Cass. Civ. Sez. III, 07.05.2021, n. 12166).

Alla luce di tali motivazioni il Tribunale ha disposto la condanna del Comune al risarcimento del danno oltre al pagamento delle spese di consulenza e legali.

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Commento Avv. Carlo Cavalletti

abilitato alla difesa dinanzi alla Corte di Cassazione

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