Diritto Civile

Il G.E. ha il dovere di verificare se il Giudice del monitorio abbia svolto il controllo d’ufficio sull’abusività delle clausole del contratto posto alla base del decreto ingiuntivo emesso, in caso di esito negativo concederà al debitore termini[]

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  • Data: 30 Maggio;

 

Il G.E. ha il dovere di verificare se il Giudice del monitorio abbia svolto il controllo d’ufficio sull’abusività delle clausole del contratto posto alla base del decreto ingiuntivo emesso, in caso di esito negativo concederà al debitore termini per opposizione ex art. 650 c.p.c  (Corte di Cassazione Sez. Unite n. 9479 anno 2023)".

             Si aprono nuovi scenari anche per il debitore che non ha opposto il decreto ingiuntivo e che ha l’abitazione all’asta.

            Ed infatti la Corte di Cassazione con la sentenza Sez. Unite n. 9479 anno 2023 ha stabilito che il G.E. ha il dovere di verificare se il Giudice del monitorio abbia svolto il controllo d’ufficio sull’abusività delle clausole del contratto posto alla base del decreto ingiuntivo emesso, in caso di esito negativo concederà al debitore termini per opposizione ex art. 650 c.p.c.

Tale decisione è stata resa all’interno di una causa relativa ad un decreto ingiuntivo passato in giudicato, sulla base del quale era stata portata a termine la procedura di esecuzione, con ordinanza di distribuzione dichiarata esecutiva.

Parte debitrice contestava dapprima il progetto di distribuzione del G.E., poiché fondato su un decreto ingiuntivo emesso da Giudice territorialmente incompetente, ciò perché scelto sulla base di una clausola derogatrice del foro del consumatore, per sua natura abusiva e quindi nulla.

L’esecutata proponeva ricorso per Cassazione sostenendo la violazione e/o errata interpretazione della direttiva 93-13 e dell’art. 19 del TUE, con riferimento all’effettività della tutela del consumatore, poiché il Tribunale aveva rigettato l’opposizione ex art. 650 c.p.c. in quanto tardivamente proposto.

MASSIMA: Il giudice dell’esecuzione, in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo di abusività delle clausole, ha il dovere, da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito, di controllare la presenza di eventuali clausole abusive, anche attraverso una sommaria istruttoria. In caso di esito positivo informerà le parti ed avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c., non procedendo alla vendita sino al decorso del termine o all’esito dell’opposizione.

MASSIMA 2: Se il debitore esecutato ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.al fine di far valere l’abusività delle clausole il giudice adito la riqualificherà come opposizione ex art. 650 c.p.c. con conseguente translatio iudicii.

In via preliminare dobbiamo rilevare che la ricorrente ha rinunciato al ricorso, tuttavia il Pubblico Ministero ha presentato le proprie conclusioni, chiedendo che venga emanato il principio di diritto ai sensi dell’art. 363 c.p.c., in quanto questione di particolare rilevanza e stante la grave incertezza interpretativa, specie a seguito delle sentenze della CGUE del maggio 2022, tutte inerenti ad analoghe vicende ed inerenti alle sorti del giudicato nazionale dinanzi alla normativa Europea.

La questione è stata dunque affidata alle Sezioni Unite che ha provveduto all’analisi del caso, pronunciandosi come segue.

La pronuncia della Corte prende le mosse dalle sentenze della CGUE, in particolare dalla vicenda SPV/Banco di Desio ed investe il tema dell’effettività della tutela del consumatore di fronte a contratti sottoscritti con un professionista, in particolare a riguardo della presenza o meno di clausole abusive nei summenzionati contratti.

Il Giudice di Lussemburgo ha infatti argomentato che, al fine di ovviare allo squilibrio esistente tra consumatore e professionista, il giudice nazionale adito è tenuto a esaminare il carattere abusivo di una clausola contrattuale.

A tal proposito la CGUE ha osservato che considerare avvenuto tale giudizio sull’eventuale abusività delle clausole, pur in assenza di una concreta statuizione in merito all’interno di un atto giudiziario, come può essere un decreto ingiuntivo, può privare di contenuto la tutela concessa al consumatore dalla direttiva 93-13, imponendo dunque che sia il giudice dell’esecuzione a valutare questo specifico elemento, anche per la prima volta.

Secondo il diritto dell’Unione, infatti, la carenza di attivazione del giudice di prime cure investe il carattere di giudicato formatosi sul titolo esecutivo, rendendo la decisione insuscettibile di dar luogo alla formazione del giudicato sulla specifica problematica non adeguatamente motivata in sede di emanazione del titolo.

La mancanza di contraddittorio, anche successivo al formarsi del titolo, impatta sulla tutela concessa al consumatore, rendendo dunque necessario un diverso approccio processuale al fine di assicurare la piena tutela del consumatore.

Così stando le cose sorge l’esigenza di rinvenire, stante il principio di autonomia procedurale degli Stati membri, un’idonea soluzione al caso facendo ricorso agli istituti del diritto processuale già presenti all’interno del diritto nazionale, individuando la giusta disciplina capace di raggiungere lo scopo prefissato.

A tal proposito i commentatori hanno proposto varie tesi, le quali possono essere grosso modo ricondotte nell’alveo di due macro-categorie: il c.d. “seguito per il futuro”, che fa leva sull’obbligo di motivazione specifico sull’abusività delle clausole contrattuali e, eventualmente, l’utilizzo del rimedio ex 615 c.p.c. in fase esecutiva, e la diversa teoria del “seguito per il passato”.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover privilegiare quest’ultima impostazione, sulla scorta del rilievo per cui le sentenze interpretative della CGUE hanno carattere retroattivo, impongono dunque di rinvenire una soluzione valida tanto per i giudizi instaurandi che per quelli già incardinati.

La soluzione proposta è dunque quella per cui il giudice adito per l’emissione del decreto ingiuntivo ha lo specifico obbligo di rilevare, d’ufficio, l’eventuale abusività delle clausole contrattuali, anche adottando i poteri di cui all’art. 640 c.p.c., a tal motivando in maniera specifica nell’atto emesso.

All’esito il Giudice potrà rigettare parzialmente o totalmente la richiesta di parte attrice, laddove vengano rilevati dei profili di abusività delle clausole.

In assenza di tale motivazione il Giudice dell’Esecuzione dovrà, nel contraddittorio delle parti, procedere ad una sommaria istruttoria volta ad accertare la presenza o meno di detti profili di abusività.

All’esito eventualmente positivo di tale istruttoria il Giudice dell’Esecuzione informerà le parti ed avviserà il debitore consumatore della possibilità, entro 40 giorni, al solo scopo di far valere il carattere abusivo delle clausole, attivando la nullità di protezione attraverso lo strumento dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., durante tale lasso di tempo il giudice dell’esecuzione si asterrà dalla vendita o dall’assegnazione del bene.

Qualora, invece, il debitore esecutato abbia già proposto opposizione ex art. 615 c.1 il Giudice riqualificherà tale opposizione come opposizione tardiva, dando termine di 40 giorni per la riassunzione, con conseguente transaltio iudicii come nel caso precedente.

La disciplina anzi descritta necessita, tuttavia, di alcuni adeguamenti di diritto processuale, così sintetizzabili:

  1. La carenza di motivazione in merito all’abusività delle clausole deve essere ricondotta nell’alveo di “caso fortuito o forza maggiore”, le quali danno facoltà al debitore di proporre opposizione tardiva;
  2. L’ulteriore adeguamento necessario è la totale disapplicazione dell’ultimo comma dell’art. 650 c.p.c. a favore del termine di 40 giorni imposto dal diverso art. 641 c.p.c..

            La soluzione proposta, rispetto alla diversa ipotesi dell’opposizione ex art. 615 c.p.c., si configura come la più rispettosa della normativa nazionale e europea, concedendo al consumatore la piena ed effettiva tutela a cui ha diritto, instaurando un giudizio a cognizione piena e non deformalizzata, com’è quella del giudizio di esecuzione.

            La garanzia del pieno contraddittorio tra le parti data dall’opposizione tardiva restituisce al consumatore debitore la piena tutela della sua posizione, anche in virtù del diverso rilievo che hanno le pronunce del G.E. e del Giudice del monitorio (una eminentemente endoprocedimentale, l’altra suscettibile di formazione del giudicato).

            Sotto il diverso profilo della ragionevole durata del processo, la soluzione del “seguito per il passato” si presenta ancora una volta come la più adeguata, avendo uno spatium deliberandi ben preciso dato dal termine di cui all’art. 641 c.p.c. dal momento in cui il G.E. avvisa il debitore, mentre l’opposizione alla procedura esecutiva potrebbe essere azionata sino all’eventuale provvedimento di assegnazione del bene o di vendita dello stesso.

            La pronuncia in oggetto ha un’importanza non indifferente, collocandosi nell’alveo delle pronunce tese all’armonizzazione della normativa, in questo caso procedurale, nazionale con la normativa europea, pur in accordo con gli istituti processuali già esistenti.

            Le pronunce di maggio 2022 della CGUE, infatti, hanno fatto il punto sulla tutela da assicurare al consumatore nei contratti con i professionisti, con particolare riguardo a quelle che si considerano clausole abusive.

            Nel caso in cui un provvedimento venisse emanato, senza che il giudice motivi esplicitamente sulle clausole di cui sopra, infatti, il consumatore, parte debole del contratto, si troverebbe sfornito di quegli elementi necessari ad orientare la sua decisione sull’opportunità o meno di proporre opposizione al decreto ingiuntivo emesso.

            Un ordinamento che dia per scontato l’avvenuto esame delle clausole contrattuali, anche in assenza di una motivazione in tal senso, si pone in contrasto con la protezione accordata al consumatore, svuotando di significato la nullità di protezione atta a concretizzare la tutela verso il debitore/consumatore.

            La pronuncia riscrive parzialmente, inoltre, gli strumenti di tutela predisposti per il consumatore, parte debole dei contratti, al fine di assicurargli una tutela sempre più aderente al dettato della normativa Europea.

Scegliendo l’opzione dell’opposizione tardiva ex 650 c.p.c., infatti, la Corte di Cassazione ha agito su due piani distinti: quello dell’effettività della tutela e quello della giusta durata del processo.

Sotto il primo aspetto è innegabile che l’opposizione ex art. 650 c.p.c. consenta al debitore/consumatore di svolgere compiutamente la propria difesa, atteso che l’istituto in questione è caratterizzato dall’essere a cognizione piena e dall’avere un’istruttoria formalizzata, caratteristiche che invece mancano all’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

Sempre avendo riguardo all’effettività della tutela concessa dobbiamo rilevare che la pronuncia emessa a seguito dell’opposizione di cui sopra è suscettibile di formazione del giudicato, diversamente da una pronuncia all’interno di un’opposizione all’esecuzione.

Da ultimo, non di poco conto, è il rilievo per cui l’opposizione tardiva può essere proposta solo secondo una rigida scadenza, a differenza dell’opposizione all’esecuzione che, come detto sopra, può essere proposta sino all’ordinanza di assegnazione o vendita.

Con la pronuncia in commento, dunque, la Suprema Corte ottiene il duplice obiettivo di armonizzare la normativa procedurale italiana con il dettato normativo europeo da una parte e, dall’altra, quello di rinsaldare e meglio delineare gli strumenti posti a tutela del consumatore.

 

Commento Avv. Carlo Cavalletti 

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“E’ nulla la notifica del verbale effettuata alla PEC aziendale quando il veicolo è usato per scopi privati” (sentenza Giudice di Pace di Pisa – rg. 2151 anno 2021).

E' nulla la notifica del verbale effettuata... [..]

  • Data: 29 Dicembre

 

La sentenza oggetto del commento è stata resa all’interno di una causa di opposizione a sanzione amministrativa in quanto notificata alla PEC professionale dell’opponente.

MASSIMA: è nulla la notifica di una multa elevata ad una persona fisica alla guida di un mezzo a lei intestato se effettuata all’indirizzo PEC aziendale della stessa

MASSIMA 2: è nulla la multa notificata ad un professionista all’indirizzo PEC fornito all’albo professionale di cui lo stesso fa parte.

Per comprendere meglio la vicenda occorrerà riassumere brevemente i fatti per cui era causa: il Comune di X notificava verbale XXXXX alla sig.ra Mevia poiché “in data 17.08.2021 l’obbligato in solido proprietario del veicolo AUTOVEICOLO targa XX 123 YY ha violato l’articolo 126/bis c.2 del C.d.s. poiché senza giustificato e documentato motivo non ottemperava all’invito di fornire informazioni sui dati personali e sulla patente di guida di colui che in data 10/06/2021 alle ore 09:27 conduceva il veicolo targa XX 123 YY, per violazione art. 146 notificato alla S.V. in data 17.06.2021 con verbale n. ZZZZZ. La violazione non è stata immediatamente contestata causa: infrazione accertata in ufficio, per cui si procede a notificazione a norma dell’art. 201 del D.Lgs 285/92”.

La sig.ra Mevia, non avendo contezza della sanzione di cui al verbale n. ZZZZZ richiamata, provvedeva a contattare la Polizia Municipale competente, che la metteva al corrente del fatto che tale sanzione era stata notificata alla PEC aziendale della ricorrente.

La sig.ra Mevia proponeva allora ricorso per l’annullamento della multa, poiché questa è stata notificata all’indirizzo PEC aziendale della stessa, mentre il verbale faceva riferimento ad un autoveicolo a lei intestato come persona fisica e da lei utilizzato, al momento della multa, per fini privati e non aziendali.

La questione della notifica di un verbale di accertamento di violazione al codice della strada a mezzo PEC ad una persona fisica che sia anche titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata aziendale è stata al centro di una serie di circolari del Ministero dell’Interno e di pronunce del Garante della Privacy che hanno definito un quadro sufficientemente preciso della normativa sulla notifica di tali atti.

Il Ministero dell’interno, infatti, con una prima circolare del 2018, la 300/A/1500/18/127/9, aveva fornito indicazioni alle Pubbliche Autorità per cui i verbali di accertamento delle sanzioni amministrative potevano essere portati a conoscenza dei soggetti tramite l’invio della sanzione alla PEC dichiarata dagli stessi in sede di verbale e, qualora ve ne fosse la necessità, estrapolando la PEC associata al  codice fiscale dell’interessato, ricorrendo a banche dati come INIPEC e Registro Imprese.

A seguito di tali indicazioni si è espresso il Garante della Privacy, affermando che nel caso in cui si notifichi una multa ad una PEC così reperita vanno adottate particolari precauzioni, qualora l’intestatario del veicolo multato sia la persona fisica e non giuridica.

In tal caso, infatti, il veicolo può essere utilizzato dalla persona fisica per motivi privati e non connessi con l’attività svolta, così stando le cose la notifica via PEC della sanzione costituirebbe illecita comunicazione di dati personali ai terzi che, per motivi aziendali, possono avere accesso alla PEC estratta.

Non solo, in tal caso viene meno anche la valenza della notifica del verbale, in quanto la tempestività della contestazione risponde alla “ratio” di porre il destinatario in condizione di difendersi, considerato che il trascorrere del tempo rende evanescenti i ricordi (Cassazione Civile, sez. VI, 11/04/2016, n. 7003): la notifica effettuata ad un indirizzo aziendale, per una sanzione riferita ad un privato, non necessariamente raggiunge il destinatario, potendo ben darsi la circostanza per cui l’indirizzo PEC in questione sia consultabile liberamente da più persone appartenenti all’organizzazione.

Tali conclusioni del Garante sono state dapprima recepite in una nuova circolare ministeriale, la n. 300/A/4027/20/127/9 del 2020, dichiarando, tra le altre cose, illegittima la pratica del reperimento massiccio di indirizzi PEC dalle summenzionate banche dati.

Un successivo intervento del garante ha, inoltre, esteso tali considerazioni agli indirizzi PEC professionali: in tali casi infatti è necessario valutare se l’indirizzo PEC viene utilizzato per scopi personali oppure se alla stessa possano accedere anche altre persone, come normalmente accade con gli indirizzi PEC comunicati agli albi professionali.

Non potendo risolvere a priori tale problematica il garante ha concluso per la necessità di ricorrere alla notifica cartacea della multa elevata.

Ciò poiché l’indirizzo PEC aziendale può essere consultato anche dai persone terze rispetto al destinatario, tali conclusioni sono state recepite dal Ministero dell’Interno nelle circolari n. 300/STRAD/2/0000007898.E/2021 e 300/STRAD/1 /00000 I 0060.U/2021.

Sulla scorta di tali considerazioni il Giudice di Pace di Pisa sanciva la nullità insanabile del verbale ZZZZZ, in quanto la notifica non raggiungeva lo scopo prefissato e, di conseguenza, la nullità del verbale XXXXX, in quanto il ricorrente non poteva essere a conoscenza dell’obbligo di fornire i dati di chi conduceva il veicolo il giorno dell’accertamento del verbale ZZZZZ.

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Commento Avv. Carlo Cavalletti

Iscritto alle difese della Corte di Cassazione

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Il criterio di imputazione della responsabilità per danni da cose in custodia di cui all’art.2051cc ha natura oggettiva posto che risulta sufficiente,ai fini della prova dell’attore,la sussitenza del nesso tra la res e il danno(Trib.Pisa 933/2022)

Il criterio di imputazione della responsabilità per danni da cose in custodia [..]

  • Data: 01 Settembre

 

Con la sentenza in commento il Tribunale di Pisa si è pronunciato,   in una causa relativa ad una richiesta di risarcimento a seguito di una caduta avvenuta durante l’attraversamento sulle strisce stradali da parte di un pedone in forza della quale il Comune convenuto è stato condannato a rifondere i danni biologici subiti.

Dopo aver esperito richiesta stragiudiziale, l’avv. Carlo Cavalletti conveniva l’ente proprietario dinanzi alla competente autorità giudiziaria invocando la disciplina prevista ex art. 2051 c.c.- rubricato “danno da cose in custodia” – riferendo peraltro che il tratto di strada percorso, seppur poco distante dall’abitazione di parte attrice, non era di sua conoscenza in quanto veniva effettuato solo con l’autovettura.

Il Tribunale, dopo aver svolto l’istruttoria e aver incaricato un medico per la valutazione dei danni, accoglieva le ragioni del pedone difeso dall’avv. Carlo Cavalletti esponendo in motivazioni argomentazioni di pregio che meritano di essere esposte.

Per quel che concerne l’inquadramento della resposnabilità il Giudice riferisce come la fattispecie in esame è sussumibile nell’alveo del paradigma normativo delineato dall’art. 2051 c.c., rubricato “danno cagionato da cose in custodia”, il quale, com’è noto, dopo avere previsto il principio per cui ciascuno è responsabile del danno causato dalle cose che ha in custodia, ha stabilito che il custode possa essere esonerato da responsabilità solamente nel caso in cui dia prova del caso fortuito. Ebbene, secondo un orientamento della Suprema Corte ormai consolidato, il criterio di imputazione della responsabilità per danni cagionati da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva, posto che risulta sufficiente, ai fini della sua configurazione, la prova, resa da parte dell’attore, della sussistenza del nesso eziologico tra la res in custodia ed il danno (Cass. Civ. Sez. III, 28.02.2019, n. 5808; Cass. Cav. Sez. III, 01.02.2018, n. 2482; Cass. Civ. Sez. III, 18.09.2015, n. 18317).

Pertanto, l’attore deve fornire la prova sia del rapporto di custodia, del nesso eziologico tra la cosa in custodia e l’evento dannoso (Cass. Civ., Sez. III, 13.12.2016, n. 25483), mentre incombe sul custode, al contrario, l’onere di dimostrare, non soltanto l’assenza dell’elemento psicologico della colpa, ma ance la prova positiva della causa esterna, il caso fortuito, costituito dal fatto materiale, naturale o del terzo, anche dello stesso danneggiato, caratterizzato da imprevedibilità, eccezionalità ed inevitabilità, sia completamente estranea alla sfera di controllo de custode, rimanendo a carico di quest’ultimo anche il danno derivante da causa ignota, ed idoneo ad eliminare il nesso eziologico tra la res e l’evento dannoso (Cass. Civ., Sez. III, 01.02.2018, n. 2477; Cass. Civ., Sez. III, 18.09.2015, n. 18317; Cass. Civ. Sez. Unn. 11.01.2008, n. 576).

L’attrice, sia tramite produzione documentale agli atti (rilievi fotografici di parte), sia tramite l’esaurita prova istruttoria, sia tramite l’espletata CTU medica e CTP tecnica di parte, ha dimostrato la sussistenza del nesso eziologico tra le condizioni del manto stradale, costituita, come detto, da una buca, di piccole dimensioni, coperta da aghi di pino collocata proprio sulle strisce e la propria rovinosa caduta, mentre parte convenuta non ha dato prova del caso fortuito quale evento idoneo ad interrompere il suddetto nesso causale tra l’evento dannoso e la caduta di parte attrice né è riuscita a dimostrare la sussistenza del concorso di colpa di parte avversaria in ordine alla causazione dell’infortunio occorsole.

È da ritenere priva di pregio l’asserzione del convenuto secondo cui la buca si trovava nella stessa via in cui risiede l’attrice e, pertanto, non poteva essere da lei non conosciuta, anche perché non c’era un percorso obbligato per cui si possa affermare che l’attrice avrebbe acquisito confidenza con lo stato dei luoghi, venendo a conoscenza delle insidie del terreno. È, pertanto, da escludere che la condotta dell’attrice, per i già suindicati motivi, sia inquadrabile nel paradigma normativo delineato dall’art. 1227 c.c., né l’odierno convenuto ha dato prova del caso fortuito tale da elidere il rapporto di causalità intercorrente tra il danno dell’attrice e l’anomalia del bene oggetto di custodia, essendo stato, quest’ultimo, non adeguatamente manutenuto. Conformemente alla giurisprudenza di legittimità, a carico dei proprietari o concessionari delle strade e delle autostrade, si configura la responsabilità di cose in custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c..

L’articolo 14 del Codice della Strada prevede, inoltre, che gli enti proprietari, allo scopo di garantire sicurezza e fluidità della circolazione, sono tenuti a provvedere alla manutenzione, gestione, pulizia delle strade, delle loro pertinenze ed arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze, all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.

Il custode è tenuto, dunque, a dimostrare che il danno si è verificato in maniera non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso, deve, pertanto, provare di avere espletato ogni attività di controllo, manutenzione e vigilanza su di esso gravanti in forza di determinate disposizioni di legge, dell’art. 14 del Codice della Strada, e del principio di diritto del neminem laedere, e che il fatto dannoso si è realizzato da cause estrinseche poste in essere da terzi, non immediatamente riconoscibili e determinabili neppure con la diligente attività di manutenzione ovvero che abbia realizzato la potenzialità offensiva prima che, con la diligenza richiesta dallo specifico caso concreto, potesse essere possibile l’intervento riparatore del custode (Cass. Civ., Sez. VI – 3, 19.03.2018, n. 6703), ovvero quando, in ipotesi di tempestiva e non immediatamente prevedibile alterazione dello stato della strada e delle sue pertinenze, il fatto pregiudizievole si sia realizzato prima che l’ente proprietario abbia potuto eliminare, malgrado l’attività di controllo eseguita diligentemente, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi (Cass. Civ. Sez. III, 10.06.2020, n. 11096; Cass. Civ. Sez. III, 07.05.2021, n. 12166).

Alla luce di tali motivazioni il Tribunale ha disposto la condanna del Comune al risarcimento del danno oltre al pagamento delle spese di consulenza e legali.

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Commento Avv. Carlo Cavalletti

abilitato alla difesa dinanzi alla Corte di Cassazione

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La disciplina ex art. 216 del D.L. 19 maggio 2020 n. 34 si applica ai contratti di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi prevedendo inoltre la misura e la durata di detta riduzione (Tribunale di Pisa, sentenza n. 564 anno 2022).

La disciplina ex art. 216 del D.L. 19 maggio 2020 n. 34 si applica [..]

  • Data: 31 Agosto

 

Con la sentenza in commento il Tribunale di Pisa si è pronunciato  in una causa relativa ad una richiesta di riduzione di canone invocata da un centro estetico relativamente al periodo di chiusura durante il lockdown

In particolare la controparte, a sostegno dell’opposizione, eccepiva il mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria e nel merito che non sussisteva a suo carico alcun inadempimento giacché essa aveva regolarmente pagato tutti i canoni di locazione da giugno 2020 in avanti. Invero, con riguardo ai canoni di locazione e accessori dei mesi interessati dal lockdown – di cui la locatrice chiedeva il pagamento non avendo a suo tempo accolto la proposta di riduzione del canone da essa esponente avanzata così contravvenendo al dovere di buona fede ex art. 1375 c.c. – rilevava come, anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali formatasi in materia, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione della locatrice determinasse una causa di estinzione dell’obbligazione di pagamento dei canoni di locazione e accessori dei mesi interessati dal lockdown, ovvero, dovendosi ravvisare una impossibilità “parziale” temporanea e valorizzare un utilizzo alternativo “a deposito” dell'immobile, una corrispondente diminuzione dell’importo dei canoni medesimi.

E così la proprietà si rivolgeva allo Studio Legale Cavalletti, nella persona dell’avv. Irene Vannozzi, per richiedere le somme dovute tramite ingiunzione di pagamento rilevando riguardo alla proposta domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la rideterminazione del canone di locazione da giungo 2020 a marzo 202 la inammissibilità della stessa in ragione della previsione di cui all’art. 418 c.p.c. eccependo il difetto di allegazione del fatto costitutivo volto a giustificare il diritto a veder rinegoziato il canone.

Del resto, a decorrere dal 25/5/2020 (data di riapertura pubblicata anche sulla pagina Facebook), in Toscana i centri estetici erano stati regolarmente aperti sino al 15/11/2020, quando, a seguito dell’ordinanza del Ministero della salute del 13 novembre 2020, avevano subito una ulteriore chiusura di durata limitata, e comunque parte opponente non aveva prodotto documentazione contabile a suffragio della richiesta di riduzione del 20% del canone di affitto e a dimostrazione della incapacità di provvedere al pagamento integrale dei canoni di locazione.

Al termine dell’istruttoria il Tribunale di Pisa, compiuta l’attività istruttoria, stabiliva come nel caso di specie secondo quanto emerge dagli atti, per un verso la proprietà non è rimasta indifferente alla situazione venutasi a creare in conseguenza dell’emergenza sanitaria proponendo una sospensione dei canoni da spalmare sulle mensilità successive una volta che le chiusure fossero terminate; e per altro verso parte opponente non ha offerto alcun elemento atto a dimostrare una compressione tale della propria attività da non poter far fronte neppure nel periodo successivo ai canoni pregressi non corrisposti. Del resto, la normativa speciale emanata nel corso della pandemia ha sì previsto l’obbligo della rinegoziazione con l’art. 216 del D.L. 19 maggio 2020 n. 34 ma limitatamente ai contratti di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi prevedendo inoltre la misura e durata di detta riduzione e quindi deliberatamente circoscrivendo, il legislatore, l’obbligo di rinegoziare il canone di locazione alle sole palestre, piscine e impianti sportivi in genere.

Alla luce di tali motivazioni il Tribunale ha disposto la condanna al pagamento dei canoni oltre alle spese legali dell’avv. Irene Vannozzi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                          

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