Diritto Bancario

Movimentazioni dei rapporti di conto corrente e mezzi di prova. (Corte di Cassazione, Sezione Civile n. 38976 del 07.12.2021).

Movimentazione dei rapporti di conto corrente [..]

  • Data:28 Dicembre

 

Con la decisione in esame la Suprema Corte chiarisce, nei rapporti tra correntista ed istituto di credito, la valenza di altri mezzi di prova oltre all'estratto conto.[.....]

 

Commento dell'Avv. Carlo Cavalletti

(abilitato alla difesa dinanzi alla Corte di Cassazione)

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Conti correnti, azione di ripetizione e prescrizione. (Corte di Cassazione, Sezione Civile n. 29411 del 23.12.2020).

Conti correnti, azione di ripetizione e prescrizionee. ( ..[..]

  • Data: 15 Gennaio

 

La Suprema Corte, con la decisione in commento, si esprime, ancora una volta, in materia di diritto bancario enunciando alcuni importanti principi.

La vicenda, oggetto di giudizio, vedeva coinvolte una srl  ed un istituto di credito.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda di parte ricorrente volta ad ottenere la ripetizione delle somme indebitamente percepite dall'istituto di credito per interessi determinati con riguardo agli  usi di piazza e per la capitalizzazione trimestrale degli stessi.

A seguito del giudizio la banca veniva condannata al pagamento in favore di parte attrice della somma pari a circa € 98.000,00.

Parte soccombente impugnava la decisione dinanzi alla Corte di Appello competente, la quale disponeva un supplemento della consulenza tecnica d'ufficio. Veniva deferito giuramento estimatorio al legale rappresentante della società su quanto vantato dalla stessa nei confronti della banca.

In sede di appello la Corte riformava la sentenza di primo grado ed affermava che le deduzioni, sollevate circa l'anatocismo e le pattuizioni relative agli usi di piazza e dirette ad escluderne l'illegittimità fossero prive di fondamento.

In merito all'eccezione di prescrizione la Corte precisava che la doglianza andava rigettata in quanto la prescrizione decennale decorreva dalla chiusura definitiva del conto.

Secondo la Corte la somma dovuta alla società correntista era pari a circa € 80.000,00.

La questione giungeva dinanzi alla Suprema Corte dove, all'esito del giudizio, gli Ermellini rigettavano il ricorso principale e accoglievano i motivi incidentali cassando la sentenza.

In particolare, in riferimento alla prescrizione, a parere della Suprema Corte, far decorrere la prescrizione dalla chiusura del conto non risultava corretto.

Nello specifico occorreva, in primo luogo, distinguere tra rimesse solutorie e ripristinatorie ritenendo solo le prime pagamenti, in base alla fattispecie di cui all'art. 2033 c.c. e in tema di indebito oggettivo.

Sulla base di quanto sopra, la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito decorreva per esse dal momento in cui abbiano avuto luogo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                

Commento dall' Avv. Carlo Cavalletti iscritto Albo Cassazionisti

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Anche in sede giudiziaria il titolare di un conto corrente ha diritto ad ottenere il rendiconto dalla banca (ordinanza del 08.10.2020 delTribunale di Pisa)

Anche in sede giudiziaria il titolare di un conto corrente ha diritto  ..[..]

  • Data: 3 Dicembre

 

L'ordinanza in questione, emessa in materia di diritto bancario, si incentra sul diritto del correntista ad ottenere la documentazione da parte della banca ed inerente ad un rapporto di conto corrente.

Nello specifico, nel caso di specie, si discuteva sulla validità della richiesta formulata ex art 119 TUB da parte attrice.

La vicenda sorgeva a seguito di azione promossa da un soggetto, assistito e difeso dallo studio legale Cavalletti, il quale conveniva in giudizio l'istututo bancario e chiedeva la restituzione delle somme indebitamente versate, deducendo l'applicazione di interessi usurari al contratto di mutuo stipulato fra le parti in causa.

L'Avv. Cavalletti chiedeva, altresì, disporsi consulenza tecnica d'ufficio volta a rideterminare l'esatto dare e avere tra le parti nonché l'ordine di esibizione ex art 210 c.p.c. in considerazione del mancato riscontro da parte della convenuta alla richiesta ex art 119 TUB inviata.

Parte convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea.

In particolare la difesa di parte convenuta contestava il mancato decorso dei termini tra l'invio della richiesta ex art. 119 TUB e la notifica dell'atto di citazione.

A seguito del decorso dei termini di cui all'art 183, comma 6, c.p.c. e lette le memorie depositate dalle parti, a scioglimento della riserva assunta in merito alle richieste istruttorie formulate, il Giudice disponeva CTU contabile e fissava nuova udienza per il conferimento dell'incarico al CTU nominato.

In merito all'interpretazione dell'art 119 TUB, il Giudice ha richiamato la giurisprudenza della Suprema Corte la quale propende per una interpretazione estensiva della norma prevedendo che il cliente ha sempre il diritto di ottenere la documentazione relativa ad un rapporto di conto corrente anche in sede giudiziaria  e con qualsiasi mezzo idoneo allo scopo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                

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La mediazione ante causam avvera la condizione di procedibilità della domanda (Tribunale di Pistoia sentenza del 01.12.2020)

La mediazione ante causam avvera la condizione di ..[..]

  • Data: 3 Dicembre

 

 

La pronuncia in commento, resa ex art 281 sexies c.p.c. in materia di diritto bancario, verte sull'eccezione di procedibilità della domanda.

In particolare si discuteva sulla validità, ai fini della procedibilità della domanda, del procedimento di mediazione esperito ante causam.

Al fine di meglio comprendere il contenuto della decisione appare opportuno ripercorrere, per sommi capi, i fatti di causa.

La vicenda vedeva coinvolte, una società a responsabilità limitata, rappresentata e difesa dall'Avv. Carlo Cavalletti, ed un istituto di credito.

Lo Studio Cavalletti assumeva, pertanto, la difesa di parte attrice che conveniva in giudizio la banca al fine di accertare e dichiarare, in relazione ad un contratto di mutuo, l'avvenuto superamento della soglia ex  L. 108/96 con conseguente condanna di parte convenuta alla restituzione degli interessi, nonché la nullità del contratto  di mutuo in questione ai sensi dell'art. 117 TUB, 1284 c.c. e la nullità della clausola floor nei confronti dei legali rappresentanti della predetta società.

La Banca si costitutiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree sostenendo, tra le altre cose, la carenza di legittimazione attiva dei legali rappresentanti della società.

All'udienza il Giudice, rilevato che la vicenda rientrava in materia per la quale è prevista la mediaizone obbligatoria, rinviava la causa concedendo termini a tal fine.

Parte attrice, previo deposito del relativo verbale di mediazione nel fascicolo telematico, all'udienza  dava atto di aver già esperito il tentativo di mediazione prima dell'inizio del giudizio, ritenendo, pertanto, soddisfatta la condizione di procedibilità.

Parte convenuta chiedeva che la domanda venisse dichiarata improcedibile.

A seguito di precisazione delle conclusioni e discussione orale ex art 281 sexies c.p.c. il Giudice pronunciava sentenza con la quale rigettava l'eccezione di improcedibilità della domanda.

Nello specifico il Giudice richiamava la giurisprudenza sia della Suprema Corte che della Corte di Giustizia la quale ha adottato un approccio di tipo sostanziale “in base al quale è sufficiente verificare se la condizione di procedibilità della domanda si sia o meno avverata, piuttosto che privilegiare istanze improntante ad un maggiore rigore formalistico, tuttavia stridenti rispetto alla esigenza di salvaguardare  il diritto di accesso al sistema giudiziario”.

In base a quanto sopra, pertanto, il Giudice non ha ritenuto applicabile la sanzione dell'improcedibilità della domanda ai sensi dell'art. 5 comma 1 bis del d.lgs 28/2010.

In definitiva ha ritenuto che la produzione del verbale di mediazione negativo fosse sufficiente a ritenere avverata la condizione di procedibilità della domanda.

La pronuncia concludeva per il rigetto dell'eccezione di imporcedibilità sollevata dalla convenuta e con la rimessione della causa sul ruolo per la delibazione sul merito delle domande e delle eccezioni sollevate.                                                                                                                                                                                                                                                                                                

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Usura ed interessi moratori alla luce dell'intervento delle Sezioni Unite.

Usura ed interessi moratori  ..[..]

  • Data:22 Settembre

 

In materia di diritto bancario la questione relativa all'applicabilità della normativa antiusura, anche agli interessi moratori, ha interessato sia la giurisprudenza che la dottrina portatrici di orientamenti contrastanti.

Tale contrasto ha sollecitato l'intervento delle Sezioni Unite, chiamate, appunto, a dirimere il conflitto ed a cercare di dare una risposta risolutiva ai vari interrogativi.

La tanto attesa pronuncia di qualche giorno fa, la n. 19597 del 18 settembre u.s., analizza, infatti, l'applicabilità della normativa, di cui agli artt. 644 c.p. e 1815 c.c., agli interessi di mora.

Le Sezioni Unite, dopo aver riassunto le tesi contrapposte, ovvero da una parte, quella dei sostenitori della non applicabilità della suddetta normativa antiusura e dall'altra parte, quella dei fautori della tesi estensiva, giungono alla conclusione che il concetto di interesse usurario, nonché la disciplina repressiva, non possono essere ritenute estranee all'interesse moratorio.

A parere delle Sezioni Unite, infatti, la ratio della disciplina antiusura, tende verso la repressione della criminalità economica, alla direzione del mercato creditizio e alla stabilità del sistema bancario, tutelando il soggetto debitore.

Per quanto riguarda l'individuazione del tasso soglia, a parere dei Giudici, la mancata indicazione dell'interesse di mora nell'ambito del tasso non esclude l'applicazione dei decreti ministeriali, considerato che, questi, contengono la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali e rilevato in forma statistica, con modalità oggettive ed unitarie. In assenza di indicazioni, in tal senso, nei decreti, il termine di confronto sarà quello del T.e.g.m. così come rilevato e con la maggiorazione prevista.

In merito alla disciplina da applicare, la decisione in esame precisa che, nel caso in cui venga verificato il superamento del limite di legge, verrà applicato il secondo comma dell'art.1815 c.c. con conseguente non debenza degli interessi moratori pattuiti, risulteranno dovuti, in ogni caso, gli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti.

Sussiste, altresì, l'interesse ad agire del finanziato, anche in corso di rapporto, al fine di rilevare l'usurarietà degli interessi applicati.

Ulteriore specifica delle Sezioni Unite riguarda l'applicazione, in casi di contratti conclusi con un consumatore, delle norme del codice del consumo di cui al d. lgs n. 206 del 2005.

Nelle controversie sulla debenza nonché sulla misura degli interessi, la pronuncia afferma che, sul piano probatorio, il debitore, che intenda provare l'usurarietà degli interessi, debba dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale e il tasso moratorio applicato in concreto, nonché la misura del T.e.g.m. comprensivo degli elementi contenuti nel relativo decreto ministeriale; sarà onere di controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto.

Dall'esame, seppur sintetico, della decisione appare evidente come la Corte abbia analizzato e cercato di chiarire diversi aspetti della vexsata quaestio.

La pronuncia, irrompendo in uno scenario complesso come quello bancario, lascia immaginare un impatto significativo, a livello pratico, sia in relazione al settore del contenzioso sia in relazione al rapporto tra banca e cliente.

Soltanto, a seguito dell'applicazione concreta dei principi, derivanti dall'intervento delle Sezioni Unite, sarà possibile valutare come e cosa cambierà in ambito bancario.

 

Articolo redatto dall' Avv. Carlo Cavalletti iscritto Albo Cassazionisti

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Il mutuo ordinario non può essere trasformato in fondiario. (Corte di Cassazione, Sezione Civile n. 3024 del 10.02.2020).

Il mutuo ordinario non può essere trasformato...[..]

  • Data:02 Marzo

 

Il caso in esame ha ad oggetto la possibile trasformazione di un contratto di mutuo da ordinario a fondiario.

Nello specifico una Banca proponeva opposizione dinanzi al Tribunale in quanto il Giudice delegato aveva disposto l'ammissione dell'istituto di credito, al passivo fallimentare di una impresa individuale, in via chirografaria.

A parere del Giudice delegato, infatti, la costituzione della garanzia ipotecaria risultava inefficace, ex art 67 comma 1, in quanto avvenuta in un periodo sospetto ed in relazione ad un credito preesistente non scaduto.

Il Tribunale rilevava che l'operazione di mutuo fondiario era stata posta in essere qualche mese prima della dichiarazione di fallimento, affermando, altresì, che : “il saldo passivo dei contratti di conto corrente in parte azzerato e in parte ridotto con la somma mutuata costituisce un debito preesistente e scaduto al momento di costituzione dell'ipoteca essendo immediatamente esigibile”.

Inoltre constatava la non contestualità dell'ipoteca, concessa a garanzia del finanziamento, la quale escludeva la qualifica del mutuo come fondiario.

La Banca proponeva, pertanto, ricorso dinanzi alla Suprema Corte che non accoglieva le doglianze sollevate dall'istituto di credito.

Per la Suprema Corte non è possibile la trasformazione di un debito preesistente da chirografario a privilegiato attraverso il negozio indiretto.

Gli Ermellini affermano, infatti, che, in tali casi: “la stipulazione di un mutuo fondiario viene assunta come mera forma strutturalmente idonea a realizzare la funzione fraudolenta dell'operazione, quale quella di rendere contestuale un'ipoteca per un credito che era preesistente”

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Limite di finanziabilità e nullità del mutuo fondiario a seguito delle recenti pronunce della Corte di Cassazione.

 Limite di finanziabilità e nullità del mutuo fondiario a seguito ...[..]

  • Data: 22 Novembre 

Limite di finanziabilità e nullità del mutuo fondiario a seguito delle recenti pronunce della Corte di Cassazione.

Il tema del mutuo fondiario merita attenzione soprattutto per il mutamento di orientamento della giurisprudenza, avvenuto di recente, sia perchè, a seguito del revirement della Suprema Corte, si è aperta la possibilità di una maggiore tutela nei confronti dei soggetti richiedenti un mutuo.

Il mutuo fondiario rappresenta, infatti, la tipologia di mutuo più utilizzata.

L'art. 38 del TUB del 1993, definisce il credito fondiario statuendo che: “il credito fondiario ha ad oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”.

Sempre lo stesso art. 38 prevede un limite di finanziabilità, limite regolamentato dalla Banca d'Italia.

Quest'ultima, infatti, con provvedimento del 26.06.1995 ha aggiornato la circolare del 29.03.1988 e ha stabilito che: “le banche possono concedere finanziamenti di credito fondiario per un ammontare massimo dell'80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, ivi compreso il costo dell'area o dell'immobile da ristrutturare”.

Fatta questa breve premessa, a carattere normativo, possiamo analizzare l'aspetto sul quale la Suprema Corte è intervenuta di recente.

L'analisi di quest'ultima, infatti, si focalizza sulle possibili conseguenze nel caso in cui il predetto limite di finanziabilità non venga rispettato.

Sul punto, l'orientamento tradizionale considerava la previsione del limite di finanziabilità come una regola di comportamento alla cui violazione sarebbe potuta conseguire, ai sensi dell'ex art 145 del TUB, l'irrogazione di una sanzione amministrativa nei confronti della banca.

Questo l'orientamento maggioritario e seguito fino al 2017, quando, la Cassazione, con la pronuncia n. 17352,  afferma un nuovo principio segnando una svolta all'interno del mondo bancario.

La succitata sentenza riconsidera, infatti, il concetto di limite di finanziabilità e, rispetto al passato, lo definisce come una regola imperativa  volta a tutelare un interesse pubblico.

La nuova concezione del limite di finanziabilità, come regola imperativa, ha generato un argine inderogabile alla autonomia delle parti nella fissazione dell'importo massimo concedibile.

A parere della Corte, dalla violazione del limite, come sopra inteso, discende la nullità del contratto di mutuo “salva la possibilità di conversione del contratto in un ordinario finanziamento ipotecario ove ne risultino accertati i presupposti”.

Il nuovo orientamento è stato confermato dalle successive ordinanze, n. 11201 del 9.05.2018 e n. 13286 del 28.05.2018, alle quali hanno fatto seguito decisioni da parte di diversi Tribunali.

La previsione della nullità del contratto di mutuo come conseguenza del superamento del limite irrompe nel panorama bancario rappresentando una nuova tutela del cliente.

Al momento, a livello pratico, seguire la tesi giurisprudenziale nuova e più recente potrebbe consentire al cliente di accedere a finanziamenti fondiari con un tasso di interesse inferiore rispetto agli ordinari mutui ipotecari.

E', altresì, immaginabile ed auspicabile un intervento, sul tema, da parte delle Sezioni Unite.

Intervento diretto a dirimere il “conflitto giurisprudenziale” venutosi a creare e che si spera, vada a consolidare la tutela nei confronti del soggetto finanziato.

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La cointestazione del conto corrente non comporta la titolarità del credito. (Corte di Cassazione, Sez. Civile n. 21963 del 03.09.2019).

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  • Data: 19 Settembre

 

La cointestazione del conto corrente non comporta la titolarità del credito. (Corte di Cassazione, Sez. Civile n. 21963 del 03.09.2019).

 

La vicenda ha ad oggetto la questione relativa alla cointestazione di un conto corrente, in particolare se dalla stessa consegua automaticamente la titolarità del credito.

Nel caso di specie la Corte di Cassazione interveniva a seguito di un procedimento instaurato dai figli di una donna deceduta, la quale, era cointestataria con i nipoti di un conto corrente. Quest'ultimi alla sua morte avevano prelevato tutte le somme presenti sul conto.

La Corte di Appello, confermava la decisione del Tribunale di primo grado in quanto “aveva attribuito alla cointestazione di conti bancari il contenuto di un contratto di cessione del relativo credito”.

La Suprema Corte interviene sui limiti derivanti dalla cointestazione e specifica che dalla stessa deriva la legittimazione ad agire ed operare sul conto ma non comporta la titolarità del credito.

A parere della Corte, infatti: “il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente è una forma di cessione del credito e, quindi, presuppone, un contratto tra cedente e cessionario”.

In base a quanto sopra, in caso di morte del titolare, gli altri cointestari non possono appropriarsi delle somme presenti sul conto.

La Corte, pertanto, ha accolto il ricorso cassando la decisione di appello.

 

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Il correntista ha sempre diritto ad avere la documentazione da parte della Banca anche in corso di causa” (Corte di Cassazione ordinanza n. 14231 24 maggio 2019).

Il correntista ha sempre diritto ad avere la documentazione da parte della[..]... ... 

  • Data: 24 Giugno
Il correntista ha sempre diritto ad avere la documentazione da parte della Banca anche in corso di causa” (Corte di Cassazione ordinanza n. 14231 24 maggio 2019).
Si procede al commento della ordinanza n. 14231 anno 2019 emessa dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione in cui si stabilisce il principio che il correntista ha sempre diritto ad avere la documentazione da parte della Banca anche in corso di causa.
Il caso concerne un correntista che aveva promosso azione contro la banca per contestare la errata contabilizzazione del conto corrente e il relativo importo a debito.
La Corte di Appello aveva rigettato la domanda disponendo la condanna alla somma debitorea e il cliente aveva deciso di promuovere ricorso in Cassazione.
Il cliente lamentava il mancato accoglimento, in sede di giudizio, nei confronti della banca, della esibizione dei documenti utili a dimostrare la fondatezza delle ragioni dello stesso, mai prodotta dall’istituto di credito.
Ed infatti il ricorrente aveva formulato domanda di esibzione ex art. 210 c.p.c. ma i giudici di merito non avesvano accolto la sua richiesta di ordinare alla banca, l’esibizione di documenti dati dal cliente all’ istituto di credito come garanzia, e di cui verosimilmente la banca aveva provveduto al realizzo a fronte dell’inadempimento del cliente.
I Giudici della Prima Sezione civile hanno accolto il ricorso e riconosciuto al ricorrente e il diritto ad ottenere copia della documentazione bancaria relativa alle singole operazioni, poste in essere negli ultimi dieci anni.
Si sottoliena un passo importante in cui la Corte di Cassazione stabilisce “il diritto del cliente ad avere copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, sancito dall'art. 119 TUB abbia natura sostanziale e non meramente processuale e la sua tutela si configuri come situazione giuridica "finale", a carattere non strumentale”.
Esso «non si esplica nell'ambito di un processo avente ad oggetto l'attuazione di un diverso diritto, ma si configura esso stesso come oggetto del giudizio intrapreso nei confronti della banca in possesso della documentazione richiesta e prescinde dall'eventuale uso che di questa il richiedente possa eventualmente voler fare in altre sedi».
Ed infine la Suprema Corte ha stabilito come “il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, ai sensi dell'art. 119 del d.lgs. n. 385 dei 1993 (TUB), anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell'esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all'art. 210 c.p.c., perché non può convertirsi un istituto di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, trasformando la sua richiesta di documentazione da libera facoltà ad onere vincolante”.

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La fideiussione omnibus redatta su modello ABI è affetta da nullità parziale” (Tribunale di Padova sez. II Civile RG. 7767 anno 2018)

La fideiussione omnibus redatta su modello ABI... ... 

  • Data: 24 Giugno
La fideiussione omnibus redatta su modello ABI è affetta da nullità parziale” (Tribunale di Padova sez. II Civile RG. 7767 anno 2018)

La sentenza in commento appare di rilievo relativamente alle garanzie personali, in particolare i contratti di fideiussione predisposti su moduli ABI, che si sono rilevati contrari a norme imperative.
Sulla punto si era già espressa la Corte di Cassazione, con sentenza n. 29810 anno 2018, stabilendo che le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie (c.d. fideiussioni omnibus) su modulo uniforme ABI violano il divieto di intese anticoncorrenziali vietate dall'art. 2, L. 287/1990.
Quindi le fideiussioni erano considerate nulle se prevedevano le seguenti condizioni:
•    «il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo»;
•    «qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate»;
•    «i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti»).
La sentenza in esame determina una nullità parziale della fideiussione e quindi relativa alla nullità delle singole clausole.
Se, dunque, la banca si è ha previsto le esposte condizioni contrattuali, la loro invalidità preclude alla banca di richiedere il pagamento al fideiussore.
E ciò apre naturalmemnte le porte alla opposizione che potrà proporre il fideiussore il quale potrà contestare ingiunzioni di pagamento e altresì richiedere danni da illegittima segnalazione in centrale rischi.
La sentenza in commento appare di rilievo relativamente alle garanzie personali, in particolare i contratti di fideiussione predisposti su moduli ABI, che si sono rilevati contrari a norme imperative.

Avv. Carlo Cavalletti Patrocinante in Cassazione

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