La crisi aziendale non blocca il passaggio del dipendente al cessionario (Corte di Cassazione, Sezione n. 10415 del 01.06.2020).
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La crisi aziendale non blocca il passaggio del dipendente ...[..]
- Data:15 Giugno
Un lavoratore proponeva ricorso al fine di ottenere la reintegra nel posto di lavoro.
La Corte di Appello competente accoglieva la richiesta del lavoratore ritenendo il licenziamento, disposto all'esito di una procedura collettiva, illegittimo ed ordinava all'azienda cessionaria il reintegro del lavoratore.
Entrambe le società venivano, altresì, condannate al pagamento del risarcimento.
Le società ricorrevano dinanzi alla Suprema Corte.
Gli Ermellini respingevano il ricorso e richiamavano la direttiva 2001/23 dove la Corte UE chiariva che lo stato di crisi aziendale non può costituire né motivo economico per la riduzione del personale né motivo di deroga rispetto al principio generale in base al quale il trasferimento di una impresa o di parte di essa non è una ragione per l'irrogazione del licenziamento da parte del cedente o del cessionario.
I licenziamenti, infatti, devono essere giustificati da motivi di organizzazione, tecnici o economici.
La Corte ha specificato che il legislatore ha limitato, solo ai casi di procedure concorsuali liquidative dove non sia stata disposta la continuazione dell'attività, la deroga al principio della perseguibilità dei rapporti di lavoro di tutti i lavoratori all'azienda trasferita.
In casi di aziende in crisi e per le quali sia stata disposta l'amministrazione straordinaria con continuazione dell'attività, l'accordo sindacale non può disporre licenziamenti collettivi ma in alternativa può prevedere deroghe all'art 2112 c.c.
In definitiva la Corte enuncia il principio di diritto in base al quale, per le imprese aventi lo stato di crisi aziendale accertato e dove sia stata disposta l'amministrazione straordinaria con prosecuzione dell'attività, l'accordo sindacale può prevedere una deroga alle condizioni di lavoro ma non sul trasferimento del rapporto di lavoro al cessionario che rimane certo.
Commento dell'Avv. Carlo Cavalletti iscritto Albo Cassazionisti
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